Saturday, May 8, 2010

"VERREMO A LUI" VI Domenica di Pasqua (Anno C)

Vangelo: Gv 14,23-29

In questi giorni stiamo scrivendo le nostre piccole “summe teologiche” ed io ho trovato le letture di questa domenica molto in sintonia con il capitolo conclusivo del mio baccalaureato. Se guardiamo la natura umana, il sogno dell'uomo è stato da sempre quello di unirsi a Dio e trovare in lui la pienezza di vita. Questa mi pare è la radice del senso religioso e la sorgente d'ogni religione naturale. Dio infatti in Gesù ha voluto anticipare questo incontro con l’uomo che avverà nella pienezza in Paradiso già su questa terra per mezzo dello Spirito Santo che ci ha donato dopo la sua risurrezione. Le letture di questa domenica parlano appunto di questa anticipata intimità con Dio.
Io commenterò due frasi e lascio le altre ai vostri commenti.

1) "VERREMO A LUI..."

Nell’AT troviamo un Dio che sta in mezzo al suo popolo, che cammina con il popolo di Israele, che sta nel tempio di Gerusalemme - "la santa Dimora dell'Altissimo" -. Dio era in mezzo al suo popolo col segno della nube, il fuoco ecc. Nella pienezza dei tempi, "il Verbo si fece carne e pose la sua dimora presso di noi" (Gv 1,14). Gesù è il nuovo tempio, la sua umanità è il luogo dell’incontro tra Dio e uomo: "Dio con noi", l'Emanuele, perché – dirà Gesù a Filippo - "chi vede me vede il Padre, io e il Padre siamo una cosa sola". Ma Dio ha voluto procedere oltre, penetrare nel cuore e raggiungere ogni uomo, per farvi in lui piena dimora e abitazione: "Se uno mi ama, il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". E' una presenza d'amore, saporosa e viva, che ci offre forza, serenità e pace.
Ma l’unica condizione per questo anticipato rapporto d'intimità con Dio è l'amore, non un amore così di parole, ma concreto e fattivo: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola.."; "Chi non mi ama, non osserva le mie parole". Quindi, non basta certamente la meditazione della Parola di Dio per sapere, ma è necessario praticare la Parola nella vita in modo che la Parola diventi il nostro stilo di vita, quasi come due innamoratti che si vogliono bene e fondono le loro vite in un dialogo e comunicazione reciproca che poi diviene comunione di vita. Abbiamo il bellissimo esempio di San Paolo che talmente si identificava, volontà e cuore, con il suo Signore da dire: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20).


2) "VADO E TORNERO' A VOI..."

Gesù faceva questi discorsi verso la fine della sua vita e sicuramente i discepoli non capivano tutto quello che Gesù diceva. Erano pieni di paura di essere lasciati soli. Ma Gesù li rassicura: "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore, vado ma tornerò a voi". Infatti, quasi cinque volte in questo lungo discorso d'addio Gesù parlerà del suo nuovo modo di ritornare in mezzo ai suoi, attraverso l'invio del suo Spirito. E aggiunge: "E' bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò" (Gv 16,7). Se Gesù fosse rimasto fisicamente tra i suoi, sarebbe stato legato ad uno spazio e ad un tempo. Ma adesso Risorto e vivo ha inventato questo altro modo di esserci, per essere presente dappertutto e sempre, toccando il cuore di ognuno in intimità, per mezzo appunto del suo Spirito.

Gesù continua a dire che "lo Spirito Santo, il Consolatore, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto". Quindi, come Gesù era stato il rivelatore e l'interprete del Padre, ora lo Spirito è l'interprete di Gesù, è come il suo prolungamento e portavoce dentro il cuore d'ognuno, per continuare quell'autocomunicazione di Dio iniziata da Gesù: "La parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato". Lo Spirito Santo attualizza nella contemporaneità d'ogni uomo l'opera di Gesù. E' questo il tempo della Chiesa, il tempo dello Spirito santo. E', se vogliamo dire, l'ulteriore incarnazione di Dio, l'ultima dimora di Dio tra gli uomini, per tutti, dentro il cuore, con una presenza personalizzata e attiva. Sappiamo che questo Spirito è chiamato: Consolatore. In greco: Paraclito, vuol dire, uno che sta vicino, che non ci lascia, che difende e ci sostiene.

Forse la domanda che si può fare è: quanto siamo coscienti di questa presenza di Dio presso di noi, e dentro di noi? Quanto siamo capaci di vivere questa presenza di Dio dentro di noi attraverso lo Spirito Santo? Ci rimangono ancora due settimane prima della Pentecoste e attraverso le letture che ci parlano dello Spirito e della rinnovata effusione che avverrà per noi, prepariamoci a ricevere quel Dono con tutta l'urgenza e il bisogno di un cuore sincero.

Tuesday, May 4, 2010

Maria, beatitudine del quotidiano!



Parlare di Maria è stato sempre un gran piacere per me e posso dire anche con un pò di orgoglio che raramente ho risparmiato una occasione per parlare di Maria, nostra Madre.  Quindi, anche questa volta lo faccio con tanta gioia. 
Per questa meditazione Mariana mi appoggio sulle riflessioni di Mons. Tonino Bello.
Presentando Maria come modello per ogni fedele, la costituzione apostolica sulla Chiesa, la Lumen Gentium dice: “...i fedeli del Cristo si sforzano di crescere nella santità per la vittoria sul peccato; e per questo innalzano gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di ogni virtù davanti a tutta la comunità degli eletti” (LG, 65).  La riflessione su Maria non si esaurisce mai, perché in lei abbiamo la fonte inesaustiva di tutte le virtù umane e divine.  Vorrei presentare Maria sotto tre punti di vista.  
Maria, la donna accogliente
Vi leggo una frase che si trova in un testo del Concilio, splendida per dottrina e concisione.  Dice così: “All’annuncio dell’angelo, Maria vergine accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio”.  Maria è stata la discepola e la Madre del Verbo.  Discepola perché si mise in ascolto della Parola e la conservò per sempre nel cuore.  Madre, perché offrì il suo grembo alla Parola, e la custodì per nove mesi nello scrigno del suo corpo.  Sant’Agostino commentando questo ci dirà: “Maria fu più grande per aver accolto la Parola nel cuore che per averla accolta nel grembo.”
Accolse nel cuore: Maria adatta i suoi pensieri ai pensieri di Dio senza sentisi per questo ridotta al silenzio.  Offrì volentieri il terreno vergine del suo spirito alla fecondazione del Verbo, senza sentisi in nessun modo espropriata da nulla.  Diede stabile alloggio al Signore nelle stanze più segrete della sua anima senza sentire quella presenza come violazione di domicilio.  Tutto questo perché il Verbo si fecesse carne nel suo cuore!
Accolse nel corpo: sentendo il peso fisico di un altro essere che prendeva dimora nel suo grembo, Maria cerca di adattare i suoi ritmi a quelli dell’ospite.  Modificò le sue abitudini, in funzione di un compito che certamente non alleggeriva la sua vita.  Consacrò i suoi giorni alla gestazione di una creatura che non le avrebbe risparmiato preoccupazioni e a volte anche fastidi. Tutto questo perché il Verbo si fecesse carne nel suo corpo! 
Parlando dell’accoglienza che Maria diede alla Parola, non si può non pensare all’ospitalità fondamentale che distinse lo stile di Maria lungo tutta la sua vita di cui nessun vangelo parla. Si può pensare le tantissime persone che trovarono un appoggio sotto la sua ombra.  Dalle vicine di casa, alle antiche compagne di Nazaret. Dai parenti di Giuseppe, agli amici di gioventù di suo figlio. Da Pietro in lacrime dopo il tradimento, a Giuda che forse quella notte non riuscì a trovarla in casa...
Si, nessuno fu mai respinto da lei... Anche oggi, secoli dopo secoli, uomini di ogni tempo e luogo trovano in lei la donna accogliente che risponde ai loro problemi, che ascolta le loro gride di aiuto, uomini che vanno da lei con la fiducia di non essere mai respinti. 


Maria, donna del Pane  
Forse si sente un pò strano questo titolo. Ve lo spiego! Nel racconto della nascità di Gesù si legge: “E lo depose nella mangiatoia”.  Nel giro di poche righe la parola “mangiatoia” si ripete più di tre volte.  Cosa vuole dirci l’evangelista Luca attraverso questo segno? Secondo me, Luca vuole presentare Maria nell’atteggiamento di chi riempie il cestino vuoto della tavola.  Se è vero che nella mangiatoia si mette il pasto per gli animali, non è difficile leggere in quella collocazione l’intenzione di presentare Gesù, fin dal suo primo apparire, come cibo del mondo.  Anzi, come il pane del mondo.  Mons. Tonino, si esprime in questo modo: “Sotto c’è la paglia per le bestie; Sopra la paglia c’è il grano macinato e cotto per gli uomini.”  Accanto alla mangiatoia, come dinanzi a un tabernacolo, c’è la fornaia di quel pane.  Maria certamente aveva capito bene il suo ruolo fin dall’inizio quando era condotta dalla divina provvidenza a partorire lontano dal suo paese, lì a Betlem: Betlemme vuol dire, appunto, casa del pane.  Così Maria diventa portatrice di pane non solo quello spirituale, ma anche materiale. 
Mi pare che anche oggi Maria è la persona che può capire più di altri il grido di questo mondo per il pane quotidiano.  Allo stesso tempo lei ci fa capire che il pane non è tutto.  Che la tavola piena di vivande non sazia, se il cuore è vuoto di verità.  Che se manca la pace dell’anima, anche i cibi più raffinati sono privi di sapore.
Maria donna del vino nuovo
Nella scena delle nozze di Cana molte volte ci commoviamo dinanzi alla sensibilità della Madre di Gesù che, con tutta la finezza femminile, intuisce il disappunto degli sposi, a corto di vino, e forza la mano del figlio a fare un miracolo.  Ma non so se l’intenzione dell’evangelista forse è veramente quella di mettere in evidenza la sollecitudine di Maria a favore degli uomini, e la potenza della sua intercessione presso il figlio.  Per me l’evangelista vuole presentare Maria come colei che percepisce chiaramente il dissolversi del piccolo mondo antico e, anticipando l’ora di Gesù, introduce sul banchetto della storia non solo i boccali della festa, ma anche i primi fermenti della novità.  Festa e novità, quindi, irrompono nella sala su espresso richiamo di lei.
Se vogliamo paragonare le sei giare di pietra con le tavole di Mosè, Maria non solo avverte che la vecchia alleanza è ormai chiusa, ma anche sollecita corraggiosamente la transizione.  Vede raggiunti i livelli di guardia da un mondo che agonizza nella tristezza, e invoca da suo figlio non tanto uno strappo alla legge della natura, quanto uno strappo alla natura della legge.  Questa non contiene ormai nulla, non è in grado di purificare nessuno, e non rallegra più il cuore dell’uomo.  Per questo interviene Maria e chiede a Gesù una anticipazione del vino della nuova alleanza che, lei presente, sgorgherà inesauribile nell’ora della croce. 
Il grido di Maria: “Non hanno più vino”, risuona ancora oggi in questo mondo. É un grido di allarme che sopraggiunge per evitare la morte del mondo, la morte portato dalle false sicurezze, dalla noia della ripetività rituale, dalla fiducia incondizionata negli schemi e progetti umani, dall’uso idolatrico della tradizione, e portare il nuovo vino del cambio, un cambio per il bene. 


Finisco con un piccolo racconto su Maria che ho sentito da aspirante di 13 anni.  Mons. Fulton J. Sheen che era un gran vescovo e un gran devoto di Maria e che aveva scritto molto sulla Madonna e dedicato tutta la sua vita per diffondere la devozione a Maria, gli chiesero una volta “che cosa gli piacerebbe sentire appena arrivato in paradiso dopo la sua morte” Mons. Sheen immediatemente e senza pensieri con il suo sorriso caratteristico rispose: “Per me la cosa più gioiosa sarebbe, sentire Gesù che mi dice: “Ah  Sheen! Entra, ho sentito molte volte mia madre parlare di te!” 
L’augurio che io faccio a me e a ognuno di voi è proprio questo: di fare l’esperienza gioiosa di sentire da Gesù: “Entra, figlio mio, ho sentito molte volte mia madre parlare di te....”
Grazie.